Berlinguer e la fine del comunismo by Silvio Pons

Berlinguer e la fine del comunismo by Silvio Pons

autore:Silvio Pons [Pons, Silvio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Einaudi
pubblicato: 2014-10-23T22:00:00+00:00


La politica dell’identità.

La fine della «solidarietà nazionale» in Italia coincise con l’agonia della stagione costruita sugli incontri con i comunisti francesi e spagnoli. Da questo momento in avanti, la nozione di eurocomunismo doveva esprimere soprattutto l’ambizione del PCI di intraprendere una «terza via» tra «socialismo reale» e socialdemocrazia: l’indicazione di una lontana prospettiva del futuro, piuttosto che la riformulazione di una strategia politica. Nella Direzione dell’ottobre 1978 Berlinguer aveva indicato due compiti che non si esaurivano nella strategia eurocomunista: quello di raggiungere «un’idea complessiva piú precisa sulla politica dell’Internazionale Socialista» e quello di promuovere la propaganda di massa sulla questione del disarmo 164. Il primo dei due compiti accentuava l’orientamento espresso da oltre un anno, in un modo che sembrava direttamente proporzionale alla crescita della tensione con i sovietici. Il secondo raccoglieva la preoccupazione espressa dagli stessi sovietici per la «corsa agli armamenti» e costituiva un singolo ma importante punto di sintonia con Mosca, anche se alludeva alla convergenza con la sensibilità verso la crisi della distensione manifestata dai socialisti europei. È molto probabile che Berlinguer vedesse l’opportunità di far convergere temi tradizionali del pacifismo comunista con il nuovo pacifismo che prendeva piede nell’opinione pubblica europea, nel quale i partiti comunisti, secondo ogni evidenza, non erano destinati ad avere un ruolo decisivo, paragonabile a quello giocato negli anni Cinquanta 165. Ma il fatto era che Mosca aveva contribuito in modo decisivo alla ripresa della «corsa agli armamenti»: una piú significativa convergenza con i socialdemocratici europei comportava questo riconoscimento, che invece era assente nelle posizioni del PCI proprio nel momento in cui veniva al pettine il nodo del crescente contrasto tra la sicurezza dell’Europa occidentale e la politica di potenza dell’URSS. Nel suo complesso, quella del PCI somigliava molto a una navigazione a vista. Piú che riformulare la propria strategia, Berlinguer sembrava puntare su una rinnovata enfasi attorno all’autonomo profilo del comunismo italiano.

Sotto questa luce, la questione che determinò l’apertura della crisi di governo e la fine della «solidarietà nazionale», la decisione di Andreotti di aderire immediatamente al Sistema Monetario Europeo, fu qualcosa di piú che un semplice pretesto, anche se non implicava una ritirata dall’europeismo. Il PCI si preparava anzi a candidare Berlinguer alle prime elezioni del Parlamento europeo a suffragio diretto. L’opzione europeista venne fermamente ribadita in un CC aperto da una impegnativa relazione di Amendola, il 4 dicembre 1978. In questa circostanza egli rilanciò anzi l’ispirazione dei comunisti italiani per «una politica di integrazione effettiva» e per «la creazione di un forte potere plurinazionale». La prospettiva restava quella che aveva animato la visione del PCI, e in particolare quella di Amendola, nel decennio trascorso: una Comunità in grado di «affermare la sua autonomia in una politica di pace e di distensione» rivolta al «superamento graduale dei blocchi contrapposti». Tuttavia Amendola pose l’accento su una «terza via» europea volta a rifiutare «una esclusiva scelta di campo occidentale» 166. Egli riecheggiò cosí i toni della sua lettera a Berlinguer risalente a sei mesi prima, invocando una piú netta demarcazione rispetto



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